Aprire Partita IVA: i costi
Oggi aprire Partita IVA rappresenta un’opportunità per tantissime persone che possono monetizzare le proprie competenze e mettersi in gioco nel mercato delle imprese e dei liberi professionisti. Ma che costi ha questa operazione? Vediamo nel dettaglio quelle che sono le spese legate all’apertura e i costi da sostenere in seguito con l’imposizione fiscale.
Quanto costa aprire Partita IVA?
L’apertura effettiva della Partita IVA in sé non ha costi. Il contribuente deve solo inoltrare all’Agenzia delle Entrate il modello AA9, che ha lo scopo di segnalare l’inizio dell’attività. Chi vuole risparmiarsi la coda presso gli uffici della più vicina sede dell’Agenzia delle Entrate può optare per la delega al commercialista che, sulla base delle indicazioni del contribuente, procede alla compilazione del Modello e lo invia.
Questa operazione, quando affidata al commercialista, comporta un impegno economico inesistente, a patto che il commercialista non decida di farsi pagare la singola prestazione, richiedendo un costo che si aggira attorno ai 150/200€.
Quanto costa mantenere la Partita IVA?
Adesso è ovviamente opportuno specificare quali siano i costi di mantenimento della Partita IVA. Nel caso del libero professionista si parla, considerando l’apertura con regime agevolato forfettario, delle seguenti voci:
- Imposta sostitutiva al 5%, che sale al 15 dopo il 5° anno di attività (nei primi 5 anni di attività il contribuente deve rimanere entro il tetto dei 30.000€ di fatturato)
- Contributi previdenziali calcolati sulla base delle regole della Gestione Separata INPS o della cassa previdenziale alla quale è iscritto il professionista (il secondo caso è valido per i soggetti che devono rispondere a specifici Ordini professionali)
Per il calcolo dei costi di mantenimento della Partita IVA con il regime forfettario, che non è soggetto all’applicazione dell’IVA e neppure alle spese per gli studi di settori, bisogna tenere conto anche del coefficiente di redditività, che varia a seconda del codice ATECO assegnato all’attività.
La classificazione ATECO – che risponde ai criteri dell’Istat – consta di 9 settori. A ciascuno di essi corrisponde un determinato limite di reddito e un coefficiente di redditività compreso tra il 40 e il 78%. Da aggiungere a queste voci è l’onere per la gestione della contabilità. Anche in questo caso è necessario fare la differenza tra la contabilità dei liberi professionisti e quella dei titolari di ditta individuale.
Nel primo caso i costi – dipendenti in ogni caso dalle scelte del singolo commercialista – sono molto più contenuti in quanto i liberi professionisti non sono soggetti agli studi di settore e, nel caso del regime agevolato forfettario, non hanno l’obbligo di registrazione delle fatture.