Aprire Partita IVA con il regime dei minimi: è ancora possibile?
Oggi tecnicamente no, dal momento che il suddetto regime fiscale di vantaggio è stato sostituito dal forfettario. Come funziona di preciso? La caratteristica che lo distingue dagli altri regimi fiscali è senza dubbio la presenza di un’imposta sostitutiva che prende il posto di Irpef, Irap e addizionali regionali.
Esattamente come il vecchio regime dei minimi – che può essere portato avanti fino a naturale scadenza da chi lo ha già attivo – anche il forfettario non prevede l’applicazione dell’Iva. I professionisti che lo scelgono non sono neppure assoggettati agli studi di settore. Entriamo ulteriormente nel dettaglio specificando che la già ricordata imposta sostitutiva è pari al 15%.
Per i primi cinque anni di esercizio dell’attività il legislatore ha pensato a un’agevolazione particolare, ossia l’applicazione di un’imposta pari al 5%. Ecco quali sono i requisiti per presentare la richiesta di accesso al regime forfettario:
- Ricavi non superiori ai 30.000€ annui
- Acquisto, nel primo triennio, di beni strumentali per un valore inferiore ai 15.000€
- Nessun lavoratore dipendente a proprio carico (risulta però possibile richiedere prestazioni occasionali)
- Non aver esercitato attività imprenditoriali nei tre anni precedenti la richiesta di accesso al regime forfettario. Un’eccezione a questa regola riguarda il caso della Partita IVA inattiva che non fattura.
- Avvio di un’attività in libera professione che non costituisca la mera prosecuzione di un lavoro svolto in precedenza anche come lavoratore dipendente
Fondamentale per il calcolo dell’imposizione fiscale è il coefficiente di redditività, un valore che va moltiplicato con quello del fatturato realizzato alla fine dell’anno. Il risultato sarà il punto di partenza per l’applicazione dell’imposta sostitutiva.
I coefficienti di redditività variano a seconda del codice ATECO con il quale è classificata l’attività d’impresa. Si parte da un minimo pari al 40% – che riguarda il caso di imprese attive nell’industria alimentare o delle bevande o nel commercio all’ingrosso – e si arriva a un massimo dell’86%, che riguarda invece le attività nel campo dell’immobiliare.
Cosa si deve sapere invece sui contributi previdenziali? Che non sono compresi nell’imposta sostitutiva e che variano a seconda che il contribuente sia iscritto alla Gestione Separata – in questo caso si parla di un’imposizione del 27,72% – o a una specifica cassa legata a un Ordine professionale.
Per quest’ultima alternativa non si possono dare riferimenti specifici, in quanto la situazione varia proprio a seconda delle scelte dell’Ordine.